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La sfida delle cure palliative tra diritti e ambiti di applicazione

La cura come diritto da difendere anche quando non è diretta allo scopo della guarigione. Lo scopo delle Cure palliative è fornire sollievo e qualità di di vita ai malati giudicati inguaribili ma in Italia sono troppo pochi gli aventi diritto che possono accedere a queste terapie.

di Vita Da Mamma

23 Novembre 2021

Cure palliative – prot56 / 123rf.com

La cura come diritto da difendere anche quando non è diretta allo scopo della guarigione. Sono tanti gli atteggiamenti sociali che, secondo le massime più celebri, rendono una comunità davvero in grado di definirsi umana: da come tratta i suoi carcerati, da come considera il rispetto degli animali, ad esempio. E così è la cura fino alla fine del tempo disponibile per rendere dignità alla persona e ai suoi affetti anche nelle fasi terminali e dolorose della malattia.

In Italia e nel resto del mondo la diffusione delle cure palliative è a macchie di leopardo. Centri di eccellenza per l’intervento domiciliare e negli Hospice accreditati si alternano a regioni in cui la rete assistenziale è carente o inaccessibile ai più.

Una disciplina promettente, eppur ancora a rischio di estinzione in molti Paesi”, è la lucida istantanea di
Gian Domenico Borasio, professore ordinario in Cure palliative all’Università di Losanna, espressa durante il convegno “La sfida delle Cure Palliative: un impegno per l’università”. Sì, perché le cure palliative andrebbero considerate come disciplina a sé nel panorama medico ed è la stessa Organizzazione mondiale della Sanità a ribadire la necessità di una competenza specializzata nella formazione di medici, infermieri e assistenti sociali nella gestione e presa in carico di questi pazienti.

 

Perché parlare di Cure palliative

Alleviare le sofferenze più gravi, che siano esse fisiche, psicologiche, sociali o spirituali, è una responsabilità etica globale – dichiara l’OMS -. Quali che siano le cause e la tipologia di malattia che può colpire dalla primissima infanzia o essere associata alla condizione di fragilità nell’anziano, le cure palliative dovrebbero essere rese disponibili a tutti i livelli di cura”. Un diritto disatteso, a ben guardare, se ci si concentra sulle stime dell’agenzia ONU secondo cui ogni anno soltanto il 14% delle circa 40 milioni di persone in condizione di necessità, accede alle cure palliative.

Affrontare la sofferenza, in questo contesto, significa inoltre andare al di là della presa in carico dei sintomi fisici ma ricercare un sistema di supporto multidisciplinare dal significato importante per la qualità di vita del malato fino al termine della sua vita.

 

Origini e diffusione delle Cure palliative in Italia

Dobbiamo a Cicely Saunders la nascita e la diffusione nei paesi anglosassoni delle cure palliative: infermiera, assistente sociale e medico inglese, negli anni ’60 Saunders ipotizzò la necessità di dare risposte diverse e più ampie ai pazienti (e alle loro famiglie) affetti da un cancro giudicato inguaribile avviando di fatto una rivoluzione negli scopi della medicina la cui direzione non può più essere esclusivamente quella di occuparsi di “guarire”. Con lei nasce, inoltre, il primo hospice moderno a Londra nel 1967.

Nel nostro Paese una stima sulla disponibilità delle Cure Palliative la fornisce Gian Vincenzo Zuccotti, professore ordinario in Pediatria all’Università Statale di Milano: “In Italia – ha dichiarato – il 30% degli adulti accede alle cure palliative, ma in ambito pediatrico la situazione è a oggi drammatica in quanto meno del 10 % dei minori riesce ad avere questo tipi di attenzione”.

Un inquadramento normativo, seppur giunto in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, l’Italia lo dispone con la Legge 38 del 2010 in cui si afferma che tutti i cittadini hanno il diritto all’accesso cure palliative. Il legislatore, inoltre, si impegna al fine di costituire reti assistenziali regionali e locali di servizi specialistici e codificare percorsi di formazione dedicati a personale medico, infermieristico e ad altri professionisti e chiarisce che queste reti dovranno giungere a compimento entro il 2025.

Ancora, la Legge 106/2021 impegna le istituzioni preposte a una ricognizione dello stato dell’arte dell’attuazione della Legge del 2010 nell’ambio del Decreto Sostegni Bis.

 

Cure palliative e terapia del dolore, ambiti di applicazione

Comunemente si tende a far coincidere la disciplina delle Cure palliative con la rete della Terapia del dolore. Anche quest’ultima intende migliorare la qualità di vita del paziente affetto da dolore ma lavora a livello ospedaliero, domiciliare, ambulatoriale o residenziale sullo specifico sintomo fisico “indipendentemente dalla sua eziopatogenesi, riducendone il grado di disabilità e favorendone la reintegrazione nel contesto sociale e lavorativo”, come definisce il Ministero della Salute.

Nelle Cure palliative, l’evidenza che guida è che la compassione abbia un impatto positivo sulla pratica clinica: parlare, ascoltare con compassione e gentilezza permettono di parlare di cure autentiche, ossia in grado di riportare il malato al centro dell’attenzione medica e di cura. Le cure palliative, dunque, si compongono dell’elemento sociale, psicologico specifico per le diverse età della vita a supporto dell’ambito medico nel servizio alla persona nella sua globalità e non più nella presa in carico di una determinata patologia.

Studi recenti dimostrano l’efficacia delle Cure palliative non soltanto nel miglioramento della qualità di
vita del paziente, ma anche nella sua speranza di vita: la media stimata è di circa 2,8 mesi di prospettiva di vita in più a condizioni il più possibile dignitose e in assenza di sofferenza, che non significa accanimento terapeutico, ma piuttosto efficacia delle terapie nell’accompagnare il malato nell’affrontare la patologia con ogni mezzo disponibile, ma soprattutto su misura per la sua specifica esperienza di vita, di malattia, e infine di morte nell’ottica di valorizzare fino alla fine le risorse che il paziente può e sa sviluppare di sé. Cure palliative che non significa nemmeno eutanasia in quanto non è prevista la somministrazione di specifici farmaci allo scopo di far morire il paziente giudicato incurabile.

 

Cure palliative e insegnamento universitario

Nella primavera 2021 è stata assegnata in Italia la prima cattedra universitaria in Medicina Palliativa al professor Augusto Caraceni, l’insegnamento sarà previsto nella facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Milano. Caraceni è già direttore dell’Unità di Cure palliative, terapia del dolore e riabilitazione all’Istituto nazionale dei Tumori di Milano. Questa specializzazione è nata con l’intento di riconoscere dignità specialistica e indipendente a un ambito degli studi in medicina che sul campo ha già da tempo trovato conferme della sua importanza e
necessità dal mondo scientifico, istituzionale ma prima di tutto, da parte dei pazienti e delle loro famiglie.

 

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