Sembra proprio che con l’analisi in vitro degli embrioni, si possa trovare una cura per la Trisomia 21, meglio conosciuta come “sindrome di down“.
Lo studio che ha portato a queste conclusioni è “Translating dosage compensation to trisomy 21”, secondo il quale sarebbe possibile rendere inattivo uno dei comosomi 21 che invece di essere doppio è triplo e che causa appunto la sindrome di down. Questo cromosoma in più provoca molte anomalie fisiche ma sopratutto un ritardo cognitivo.
Purtroppo non è proprio una medicina che si prende come l’aspirina, come spiega Jean-Maurice Delabar, direttore al CNRS e responsabile di una squadra di Biologi dell’Università di Parigi-Diderot che da molti anni lavora sulla trisomia 21 “non bisogna pensare che da domani si possa magicamente disattivare quel cromosoma supplementare dalle persone affette da trisomia 21“.
Il meccanismo è già presente in natura ed è quello che l’organismo utilizza per definire il sesso del feto. Cioè le femmine hanno 46 cromosomi, ma nelle cellule somatiche dell’organismo ne funzionano solo 45, perché uno dei due cromosomi X (le donne ne hanno due e gli uomini uno) è quasi inattivo. Il principio ingegnoso di questo sistema, ideato dalla natura, fa si che le donne e gli uomini possano esprimere una quantità analoga di geni X.
Questo processo parte da un gene detto Xst che sta sopra il cromosoma X, il quale produce l’Rna, l’acido ribonucleico, che si va ad appiccicare come una colla sul cromosoma X in eccesso, mettendolo fuori uso. Questo fa si che nelle cellule delle femmine funzioni il 50 per cento dell’X paterna, nella restante metà quella materna non silenziata. Ecco gli scienziati del Massachusetts hanno provato a usare questo sistema.